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George Brown Cantastorie a Milano

 

The end of democracy?

Former USA president Jimmy Carter explains why a sentence of the Supreme Court generated the system that produces Trump as outcome.

L’ex presidente USA Jimmy Carter spiega come una sentenza della Suprema Corte abbia generato il sistema che produce Trump come risultato (si consiglia di attivare i sottotitoli)

 

PER UN NEW DEAL MEDITERRANEO

Della centralità geografica e culturale del Mediterraneo non si può parlare senza commettere un abuso.  Facendolo, sappiamo dunque di essere costretti ad una azione di forza.

Proponiamo quindi una riflessione che, partendo dai fatti di attualità della crisi greca, rilegge i contenuti e le illusioni della primavera araba e la mistificazione della cronaca politica egemone in occidente, per ribaltare la prospettiva e ripartire dal punto di vista del dialogo tra i popoli e i cittadini (e non unicamente tra stati) e rilanciare politiche di contestazione non-violenta, fondate sull’ascolto, orientate a ristabilire il primato del cittadino sull’istituzione (lo stato per la persona, e non le persone per lo stato), il primato dell’intelletto e dello spirito sulla materia.

Con queste finalità intendiamo proporre presupposti e contenuti per la realizzazione della conferenza transnazionale

“A New Deal for the Mediterranean”

di cui questo scritto si presenta come introduzione metodologica e base logica, che sarà sottoposta all’assemblea e agli organi direttivi del Movimento Roosevelt.

§1 Centralità geografica e centralità culturale

La centralità geografica del Mediterraneo è del tutto evidente: la natura stessa, l’artefice dei mondi, l’ha scolpita su questo globo per la meraviglia delle nostre coscienze.  La centralità culturale è altrettanto chiara: pur riconoscendo origini mesopotamiche e influssi asiatici, è attraverso le civiltà mediterranee che prendono forma permanente gli archetipi della nostra coscienza collettiva.

Tutto ciò è talmente ovvio che parlarne è commettere una violazione, l’abuso di chi ripropone temi logori, appunto abusati, sui quali non si può più aggiungere nulla.  In questo modo è stato costruito il nuovo tabù, il dogma della propaganda che ha sostituito la centralità mediterranea con la nuova centralità atlantica, a partire dalla colonizzazione delle Americhe e che perdura tutt’oggi.  In nome della centralità atlanticai sono stati costruiti equilibri nuovi e modernissimi, che hanno condotto al tramonto le aristocrazie dell’Ancien Régime.

Non è la sede per una retrospettiva storica diacronica: giungiamo rapidamente al presente per trovare nei parametri di Maastricht e nelle politiche economiche del patto di stabilità, del vincolo del pareggio di bilancio e dell’austerity tutto il flavour del vantaggio di queste politiche che, strutturalmente inadeguate ai Paesi Mediterranei, sono di tutto vantaggio per i Paesi dell’asse atlantico.

E’ naturale che, nell’affermare questo, non c’è nessun rimpianto delle epoche dell’oscurantismo e dell’assolutismo dell’Ancien Régime.  Se mai, c’è il rimpianto di non aver saputo elaborare alcuna altra politica che non le glosse reazionarie e anacronistiche della controriforma.

§2  I fatti in Grecia

E’ ancora pesante l’eredità di questa egemonia atlantica che, malgrado le apparenze di una libertà democratica, di fatto ha imposto un colonialismo economico che, soprattutto nei casi dei Paesi dell’Europa Mediterranea, si è manifestato anche con il supporto a regimi dittatoriali.  In Grecia la Dittatura dei colonnelli (τὸ καθεστώς τῶν Συνταγματαρχών), nota anche come ‘la Giunta’ (ἡ Χούντα),  durò per tutto il periodo compreso tra il 1967 e il 1974, proprio negli anni in cui il resto d’Europa viveva la grande stagione dello sviluppo.

L’ingresso nell’Unione Europea nel 1979 venne quindi vissuto dal popolo greco come un momento di riscatto e di emancipazione, qualcosa di estremamente importante e prezioso.  Come sempre avviene nelle umane cose, però, mentre i contenuti ideali prendevano forma, c’era chi ne traeva a suo modo profitto.

La corruzione endemica che attraversa la Grecia, con politiche oggettivamente insostenibili è il prezzo della subalternità.  Si intende dire, con giudizio che include una politica non difforme in atto anche in Italia, che il sottosviluppo è il prezzo che si paga tollerando che ci sia qualcuno che trae profitto da opere realizzate male (o non realizzate affatto), dalla trasformazione dei diritti in privilegi e dallo svilimento della funzione pubblica.

Il sistema di politiche scellerate che tiene al giogo il popolo greco, il sistema di privilegi ingiustificati, soldi facili e corruzione è la cattiva moneta che distrugge l’economia buona e conferma la subalternità atlantica.

Il pilone che crolla in Sicilia per una manutenzione mai fatta a fronte ad anni di finanziamenti europei per “il recupero del deficit infrastrutturale” è altra immagine non per dire che la Sicilia è Magna Grecia, ma che l’Italia tutta non è libera da questa subalternità e da questo giogo.

Un’altra analogia, infine, è data dal facile “mercato delle vacche” in politica: i 40 deputati che abbandonano Tsipras sono verosimilmente comprati, come è facile comprare in Italia un deputato al momento della richiesta del consenso. Nel caso di Syriza, il partito del primo ministro greco Tsipras, la novità è che a comprarli non è soltanto la corruzione interna ma il capitale internazionale che, si badi bene, non risponde all’Unione Europea ma, al contrario, ne orienta le politiche.

§3  La primavera araba

L’esito disastroso della primavera araba che nel 2010 aveva rivestito di luce e di speranza i Paesi del Maghreb dell’Atlante africano è certamente un fallimento della missione dell’Occidente di esportare la democrazia nel mondo. Ma è troppo semplice dire – come fa la stampa di regime – che non si può semplicemente prendere un modello e trasferirlo e che questo è il motivo del mancato funzionamento.  Certo, nel trasferire un modello, questo va adattato alle esigenze e alle necessità specifiche dei luoghi.  Ma questo non è il punto.  E’ totalmente falso che la maggior parte della gente in Africa e nei Paesi del Medio Oriente non voglia la democrazia e un modo di vivere più emancipato.

La verità della gente comune è che tutti vorrebbero vivere all’europea o all’americana.  Affermo questo anche personalmente, avendo maturato una discreta conoscenza di questi Paesi, attraverso corrispondenze e contatti con intellettuali in Marocco, Tunisia, Egitto, Giordania, Israele, Iraq: la maggior parte della gente vuole vivere tranquilla, essere sicura di poter nutrirsi e poter avere le libertà di base.  Nella colpevole ignavia dell’Europa, i gruppi do potere hanno orientato i singoli stati ad accelerare politiche per sostenere un nuovo regime da corrompere e da introdurre nel sistema di condizionamenti, al fine di avere vantaggi diretti, senza alcun riguardo per la richiesta di libertà che veniva dal popolo.

Quel che è avvenuto in Egitto, dopo la deposizione di Mubarak e poi quella di chi lo aveva deposto, Morsi, a sua volta sostituito con Al-Sisi – guarda caso, un militare; il caos in Libia dopo la distruzione del regime di Gheddafi, il caos in Siria, con oscillanti politiche che talora vedono in Assad un terribile dittatore e poco dopo un prezioso alleato contro l’estremismo islamico: tutto questo restituisce l’immagine della frammentarietà dell’azione occidentale per affermare la democrazia in questi Paesi.

§4  La mistificazione

Se ci fermassimo a questo livello di analisi, resteremmo ancora nella sfera degli inganni.  C’è di più.  E’ evidente che c’è di più della “colpevole ignavia”.  C’è la volontà di mantenere questi popoli nel caos e nel disordine.  La prova di tutto ciò è nel fatto che non uno degli intellettuali che promuovono la libertà e una corretta interpretazione del Corano, non uno tra i cantanti del Rai e della musica di protesta del Maghreb, non uno tra questi è stato ascoltato dall’occidente.  Nulla hanno fatto i media occidentali per parlare della richiesta di libertà di questi popoli.

Al contrario, una propaganda perfida, maligna, ha alimentato in noi il sospetto verso di loro, creando un’immagine stereotipa che ci vede inevitabilmente in conflitto, così come di fatto accade.  In questo senso, si dovrà notare come gli attentati della sedicente ISIS (sigla che non ha nessun riscontro nella lingua araba e che appare bene altrimenti evidente nella sua cifra massonica) siano stati realizzati tutti da uomini cresciuti e addestrati in Occidente, sia pure fossero di origini mediorientali, radicalizzati secondo gli insegnamenti di uno pseudo-Islam (che con una corretta interpretazione del Corano non ha nulla da spartire) e mandati in campi di addestramento dove l’Occidente elabora i suoi affari più sporchi (come nel caso dell’Afghanistan dove, in seguito alla missione “di pace” occidentale, la produzione di oppio è decuplicata):

Non a caso, le più terribili sciagure sono avvenute nel più avanzato tra i Paesi del Maghreb – la Tunisia, che a completamento dellla propria “primavera araba” ha posto un Forum Sociale Permanente (World Social Forum, quest’anno tenuto in marzo), proprio per creare una situazione psicologica di panico e interrompere le comunicazioni con il mondo occidentale.

§5  L’ascolto, l’elaborazione culturale

L’unico antidoto possibile a questo stato di cose è l’ascolto permanente, l’attivazione di ponti di comunicazione.  Giungiamo così alla parte propositva

“Per un New Deal Mediterraneo”

l’Italia è un ponte naturale sospeso sul Mediterraneo, una lunga passerella che è simbolicamente punto di passaggio e di snodo per la naturale intersezione tra la sponda europea e la sponda africana e mediorientale.  Si tratta dunque di realizzare politiche di ascolto.

Il New Deal Mediterraneo dovrà sorgere spontaneamete dal dialogo tra questi Paesi, per elaborare soluzioni differenti rispetto a quelle oggi egemoni per la produzione e la distribuzione della ricchezza di cui, non si dimentichi, il denaro è semplicemente intermediario.

Contestare il primato della moneta è persino semplice, dal momento che la finanziarizzazione dell’economia (oltre: si parla oggi di capitalismo ultrafinanziario) non ha ormai nessun rapporto con il costo di produzione dei beni primari.

Contestare la falsità del primato della moneta è esiziale per contrastare l’ipocrisia della ricetta che viene oggi offerta dagli assertori del liberismo e del monetarismo, che consiste esclusivamente nel privatizzare.  Al contrario, occorre mettere al riparo i beni essenziali (acqua, risorse alimentari di base, energia, ambiente) dalla gestione privata e accedere a una nuova nozione di sistema pubblico e di economia sociale di mercato.

Non definiremo questa una “terza via”, in primo luogo perché non siamo più nell’epoca di una guerra fredda tra capitalismo e comunismo, ma anche perché questo ci permette di ricordare che tentativi così contraddistinti sono stati fortemente avversati dai poteri forti, come ad esempio avvenne quando Enrico Mattei tentò una via italiana alla gestione delle risorse petrolifere, che gli costò la vita.

Nessuna illusione quindi, ma anche nessuna rinuncia al pensiero, ad un compito epocale che il Movimento Roosevelt e le forze progressiste devono saper cogliere.  Il primo passo di questa operazione consiste nell’elaborazione di una conferenza transnazionale, che si terrà nella prossima primavera 2016, con l’ascolto dei principali esponenti delle forze progressiste d’Europa e del Mediterraneo.

Laboratorio Rooseveltiano – per un New Deal Mediterraneo

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A seguito dell’incontro del 23 Maggio in Sicilia, molto partecipato, che ha visto la presenza di soci Rooseveltiani rappresentativi di tutte le componenti territoriali dell’isola, registriamo alcuni punti  programmatici che possono costituire riflessione per il Movimento Roosevelt nella sua interezza, e con la proposta operativa di alcune azioni pilota.  Riassumendo in sintesi:

1)  Sicilia come luogo di happening relazionale. Nel prossimo settembre è in programma un workshop di tre giorni (due di formazione e l’ultimo di performance sull’Etna, che consiste in una cerimonia orfica (elaborata con criteri dell’antropologia teatrale), che verrà documentata con la creazione di un film, da esibire in ottobre alla riunione annuale dell’European Beat Studies Network presso l’Université Libre de Bruxelles). Entro breve di questa iniziativa verrà proposta scheda tecnica alla Redazione Cultura, per riportare ogni utile suggerimento/miglioramento e per farne vettore di una iniziativa a risonanza nazionale e transnazionale.

2) Sicilia come base di riflessione da estendere alle altre regioni per la creazione di una piattaforma di proposte per un new deal mediterraneo: ipotesi di un convegno nelle isole Eolie nella primavera 2016, con elaborazione di contatti mediante la creazione di un’apposita conferenza di lancio.

Questo punto appare in eccellente sinergia rispetto a quanto comunicato con Fedora Costa in relazione alla composizione di politiche transregionali e con il recente articolo di Francesco Toscano dove si parla di “Una “Internazionale” nuova di zecca, finalmente depurata da tentazioni totalitarie di marca comunista,  forte e coerente nel prospettare a tutti e a ciascuno un nuovo modello di società in grado di far coesistere democrazia e benessere diffuso, giustizia sociale e libertà d’impresa, mobilità e piena occupazione”, argomenti importanti da cui potremmo trovare chiavi di condivisione con forze emergenti del panorama politico europeo, innestando questi spunti sulla precedente elaborazione svolta con l’articolo “Coming back to awareness“, per formalizzare una bozza da sottoporre alle valutazioni degli organi di vertice del MR;

3) Proposte in ordine alle modalità di funzionamento della parte di formazione del back office e federazione delle entità già esistenti, nonché nascita di nuove cellule orientate in senso progressista e loro criteri di accesso (da approfondire e verificare in sede specifica);

4) elaborazione dei contenuti rooseveltiani mediante articoli da pubblicare sul sito, sezione politica/attualità; possibile creazione di un “Quaderno Progressista” sul modello “EUR/OPEN” (il nr. 5 EUTOPIA – sul tema dei diritti umani e dell’emancipazione è attualmente in fase di pubblicazione) e diffusione sui social network da associare a presentazioni pubbliche per diffondere il pensiero e incrementare gli associati.

Tra i temi emersi:

– diritti umani
– diritto al lavoro
– reddito di base incondizionato
– diritto alla conoscenza
-mafia/antimafia
-antiproibizionismo
-ambiente/ecologia
-infrastrutture

Naturalmente, siamo completamente disponibili ad accogliere proposte ulteriori e critiche positive in funzione costruttiva per la rielaborazione di quanto sopra esposto, da considerare work in progress che richiede riflessione collettiva e adattamenti e perfezionamenti.

In chiusura, sul tema dell’ Internazionale qui apparso in commento al secondo punto, vorremmo sottolineare la chiave di lettura storica della Prima Internazionale, dove, secondo alcune correnti storiografiche, alla tesi emancipazionista spirituale di Mazzini fu preferita, nel documento finale, la visione del materialismo storico di Marx che, a detta di molti, fu una sconfitta per l’idea nobile della ragione e un grave arretramento in rapporto allo spirito autentico del progresso.  Come scrisse lo stesso Mazzini “Non ci può essere emancipazione nel materialismo; il primo punto è quello di sottrarre i popoli dalla morsa del materialismo che li opprime”. E’ da ritenere che questo sia un importante contenuto da sviluppare e tradurre mediante una nuova comunicabilità, di cui il libro di Gioele Magaldi è il veicolo principe, restituendo al pensiero progressista la componente negata, che è appunto quella della spiritualità di una luce verso la quale avanzare gradualmente.

Salute, Fraternité, Luce

L’inganno del serpente a sonagli. Note sulla moneta

Perché “l’inganno”?  E’ presto detto: perché la moneta non possiede alcun valore intrinseco.  Prima che l’economia divenisse una delle moderne scienze dell’uomo, i fisiocratici, una corrente di pensiero della Francia del XVII secolo, lo avevano detto benissimo: solo ciò di cui ci si può nutrire è vera ricchezza.  Quindi: patate, cipolle, frumento.  Pane, come prodotto di trasformazione.  Pasta.  Carne.  E poi il cuoio, per farne scarpe.  Le pelli, per farne giacche.

Si dirà: è troppo semplice.  Gli economisti sanno che sono questi i fondamenti della teoria della produzione.  Come il modello “fagioli-carbone” di Piero Sraffa (dove “fagioli” indica il settore agricolo e “carbone” è semplificazione per il settore industriale).  Le cose non sono difficili.  Quando sono difficili è solo perché c’è qualcosa da nascondere.  Per esempio, un inganno.

europe wbIn un sistema industriale, il valore della moneta è definito dal valore della produzione, e non è possibile il contrario (cioè che sia il valore della moneta a definire il valore della produzione).  La moneta in sé non ha valore, e questo si capisce non soltanto per la comprensione – retorica fin che si vuole, ma tremendamente concreta – che il danaro non si può mangiare, ma soprattutto per la comprensione che il danaro, per avere valore, deve essere accettato.  Dove il danaro non viene accettato (per ragioni di valuta locale, ad esempio), il danaro non può comprare niente e quindi non vale niente.

Il valore della moneta è un valore sociale, determinato ìnon dal numerario nominale, ma dal suo potere d’acquisto in termini di beni e servizi (infatti, i beni e i servizi hanno sempre valore, mentre il danaro, per averlo, deve essere accettato.

Che il danaro sia raro e che da questo dipenda il suo valore è un falso: a decidere se stampare o no cartamoneta sono semplicemente le Banche Centrali.  Questo inganno serve al potere – cioè a chi può esercitare il potere di creare moneta – per predare valore concreto (beni) in cambio di valore fittizio convenzionale (moneta).

Chi crea moneta ha anche la possibilità di decidere sulla distribuzione della ricchezza, potendo disporre a chi andrà la moneta stampata.  Il soggetto intermediario del credito, il sistema bancario, attualmente distrugge moneta per colmare debiti che derivano da investimenti mai realizzati e/o da opere inutili che non immettono beni e servizi sul mercato.

Le banche di un sistema sano veicolano il denaro verso gli investimenti il cui effetto è dare servizi a tutto il corpo sociale (infrastrutture, benefici di welfare).

Le banche di un sistema improduttivo distruggono ricchezza senza mai farla arrivare alla base sociale.

A fronte della consistenza di questi argomenti, occorre considerare la funzione della moneta nello svolgere il suo ruolo di intermediazione tra i beni.  Da questo punto di vista, secondo la classica formula della teoria quantitativa della moneta, perché la moneta possa assolvere al meglio alla sua funzione di intermediazione degli scambi, deve essere quantitativamente disponibile secondo l’equazione:

M/P = kY – hi

dove M= quantità di moneta;  P= livello medio dei prezzi;   Y= reddito complessivo (con k che può andare da 0 a 1 ed indica la quota di reddito che rimane come risparmio); i= tasso di interesse (con h che può andare da 0 a 1 ed indica la quota di reddito che viene impiegata per ottenere un interesse).

L’interesse dovrebbe essere pari al tasso di incremento della produzione di beni e servizi.

L’altro punto di equilibrio è il bilanciamento tra tasso di incremento della popolazione e tasso di incremento della produzione.

Se però, come è avvenuto con la fase finanziaria del capitalismo (sganciamento del valore numerario dal valore della produzione reale e ancoramento ai titoli di borsa) o, ancor più, con la fase ultrafinanziaria (emissione di titoli su titoli – derivati), l’abuso nell’emissione monetaria diviene la costante, con gli stati nazionali che finanziano opere inutili o che non verranno mai realizzate, allora giungiamo alla attuale condizione dell’Europa.

In breve, per toccare il nucleo essenziale dell’argomento, il problema dello sviluppo non sono i soldi: perché i soldi sono funzione della produzione.  Maggiore produzione di beni e servizi giustifica maggiore immissione di moneta.  Quindi, il problema non sono i soldi, ma le politiche di inibizione degli investimenti produttivi (legittimate da sprechi, corruzione e spese inutili) che costituiscono il sistema del neoliberismo che sta incatenando i cittadini, privandoli di libertà e democrazia.

Lo spirito nel nome Roosevelt

Evocare il nome Roosevelt significa ricondursi a quel che è il più elevato piano nella concezione di politiche progressiste. Un riferimento importante il cui significato è relativo alle tre grandi personalità che stanno dietro questo nome, e cioè:Theodore, Franklin Delano, Eleanor.

Theodore Roosevelt è uno dei quattro presidenti degli Stati Uniti d’America il cui volto è scolpito sul monte Rushmore (gli altri sono quelli di George Washington, Thomas Jefferson e Abramo Lincoln).

Il sogno americano in quegli anni era nell’aria e venne messo su carta con The Promise of American Life, un libro che è ancora chiamato “la bibbia della Progressive-Era”, scritto da Herbert Croly e pubblicato nel 1909. Un anno dopo, Theodore Roosevelt, già presidente degli Stati Uniti 1901-1909, lanciava la sua campagna per il terzo mandato, sia contro il suo rivale repubblicano ed ex ministro della Guerra William Howard Taft, e contro il rivale interno, il candidato democratico di successo Woodrow Wilson.  La campagna di Theodore Roosevelt fu trainata dal famoso discorso sulla rivoluzione progressista in politica, in economia e nella società civile, che affermava la necessità di regolamentare “interessi speciali” delle corporazioni, facendo una chiara distinzione tra diritti umani e diritti di proprietà. “Teddy” Roosevelt prese il mantello di Lincoln per giustificare la trasformazione dell’America in base ai suoi principi fondanti, contenuti nella Dichiarazione d’Indipendenza. Con i suoi discorsi, Roosevelt chiedeva “un vero e permanente risveglio morale”, che si tradusse in una politica fortemente riformista occupandosi seriamente e in modo efficace di diritti dei lavoratori e politiche ambientali, soprattutto mediante la nazionalizzazione delle grandi imprese che controllavano le risorse primarie. Per la sua posizione di mediatore nella guerra tra Russi e Giapponesi, nel 1906 ottenne il Premio Nobel per la pace. Fondò il Partito Progressista, l’unico terzo partito statunitense che ebbe importanza al di fuori del classico sistema bipartitico.

Franklin Delano Roosevelt, 32º presidente degli Stati Uniti d’America, è stato l’unico a essere eletto per più di due mandati consecutivi, vincendo le elezioni presidenziali per ben quattro volte (1932, 1936, 1940 e 1944), rimanendo in carica dal 1933 fino alla sua morte, nell’aprile del 1945. FDR, come lo chiamano gli americani, fu l’uomo del New Deal, che gli storici dicono “The Second Bill of Right”, considerandolo una consapevole evoluzione del Bill of Right della Gloriosa Rivoluzione Liberale Inglese del 1688, che sottrasse all’aristocrazia l’esclusività del sapere. Ecco, il punto decisivo del nome Roosevelt è che attraverso di esso la libertà esce dall’utopia ed entra nella storia.  Il Bill of Rights indica letteralmente un progetto di legge (bill) sui diritti (rights), ma l’espressione è entrata nell’uso col significato di dichiarazione sui diritti e prevedeva una serie di diritti e libertà che sono fondamento della moderna democrazia, tra cui la libertà di parola e di discussione in parlamento e libere elezioni.  Con il suo New Deal, FDR poneva rimedio alla grande crisi economica provocata da un capitalismo selvaggio e senza regole,  con importanti innovazioni tra cui il Social Security Act – con il quale vennero introdotte per la prima volta negli Stati Uniti d’America l’assistenza sociale e le indennità di disoccupazione, malattia e vecchiaia – e la creazione dell’Agenzia per il controllo del mercato azionario (SEC), nonché tributi sui grossi profitti delle imprese. Adottò il National Labor Relations Act, che favorì la contrattazione collettiva e il ruolo dei sindacati; il Wagner Act, che estese notevolmente il ruolo federale nelle relazioni industriali; il Guffey Coal Act che aveva il merito di regolamentare il prezzo del carbone, l’orario massimo di lavoro e il salario dei minatori.  Tutte queste azioni generarono forti critiche verso Roosevelt da parte dei grandi uomini d’affari, culminando in un tentato omicidio.   Durante la II GM, la decisione più discutibile di Roosevelt fu l’Ordine Esecutivo 9066, che provocò l’internamento in campi di concentramento di 110.000 tra cittadini giapponesi e cittadini americani di origini giapponesi sulla West Coast. Considerato una grave violazione delle libertà civili, fu anche avversato da sua moglie, Eleanor Roosevelt. La Corte Suprema tuttavia sostenne la costituzionalità dell’Ordine Esecutivo. Il nome FDR resta legato al New Deal e al discorso delle Quattro Libertà (libertà di parola, libertà di culto, libertà dalla paura, libertà dal bisogno), che lo ricollegano di diritto alla grande tradizione progressista americana.

Eleanor Roosevelt, moglie di FDR, fu la principale artefice della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo approvata dall’ONU nel 1948.  Dal 1933 al 1937, nel suo ruolo di First lady, sostenne e promosse le scelte e la linea politica del marito del New Deal. Si impegnò attivamente durante tutta la sua vita nella tutela dei diritti civili, e fu tra le prime femministe, nonché un’attivista molto impegnata, con un ruolo di primo piano nel processo di creazione delle Nazioni Unite, della United Nations Association e della Freedom House. Assieme ad altre personalità come René Cassin, Peng Chun Chang, Charles Malik, John Peters Humphrey ed altri ebbe un ruolo decisivo nella stesura del testo ed ella stessa presiedette la commissione che delineò e approvò la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

Stemma dei Roosevelt

I Roosevelt furono tra i primi a stabilirsi nell’insediamento coloniale olandese di Nieuw Amsterdam, in quella che sarebbe diventata in seguito New York.  Testimonianze e documentazione della grande tradizione Rooseveltiana si trova in America attraverso the Franklin D. Roosevelt Presidential Library and Museum, administered by the National Archives and Records Administration (NARA).  In Europa, il luogo in cui la tradizione è preservata, con speciale riferimento ai rapporti tra Europa e America, è Middelburg, nella regione dello Zeeland (Olanda), presso il Roosevelt Study Center.

Note sul Movimento Roosevelt e recensione al libro di Gioele Magaldi

Questo libro è importante perché è coraggioso, una voce critica rispetto alla massoneria troppo spesso interpretata come via esclusiva e oscurantista, che ha il merito di riportare dalla storia alla cronaca d’attualità il vento di inclusione e innovazione sociale che è altrettanto parte della componente massonica, segnando le rivoluzioni inglese, francese e americana: una via, quella progressista, che in Italia è stata esplorata forse soltanto in epoca risorgimentale. Inoltre, questo libro è speciale perché, tra i tanti che trattano di questo argomento, è il migliore e il più chiaro nel proporre una via filosofica sottratta alla dimensione escludente di “giocattolo dell’aristocrazia”, aprendo nuove vie e scie di conoscenza. Lontanissimo dalle “teorie della cospirazione” e da ogni altra superficiale semplificazione, il libro offre anche ai Lettori più esperti la possibilità di mettere insieme diversi segmenti del sapere, permettendo un’inquadratura della storia politica, economica e sociale dell’Europa, dell’America e della visione del mondo occidentale che risulta possibile soltanto attraverso l’analisi delle componenti delle forme di mediazione e costruzione sociale date dal genus delle organizzazioni di cui la massoneria è una species.  MRSenza sottrarre al Lettore la necessaria dimensione di approfondimento e senza ridurre la complessità del tessuto narrativo ad un’unica interpretazione (che il testo respinge sistematicamente mediante il ricorso al metodo delle scienze sociali), è da sottolineare come la ricostruzione sia funzionale a comprendere il disegno reazionario del moderno sistema di potere, derivante dalla restaurazione neo-liberista che ha smantellato il welfare state ed affermato l’attuale modello economico a partire dai cambiamenti introdotti da Reagan e dalla Thatcher e tuttora imperanti, con gravissimo danno per la classe media e assoluto vantaggio per pochi oligarchi finanziari.  Da questa prospettiva si offrono possibilità di recupero della tradizione autenticamente liberale e progressista che fa riferimento all’America dei Roosevelt e dei Kennedy e al progetto ideale di Europa come economia sociale di mercato, spazio di libertà e progresso per ogni uomo e per ogni donna.

From “the Progressive-Era Bible” to “the second Bill of Right”

The Promise of American Life, a book that is still called “the Progressive-era bible”, was written by Herbert Croly and published in 1909. One year later, Theodore Roosevelt, already President of the United States from 1901 to 1909, launched a campaign for a third term, against both his Republican rival and former Secretary of War William Howard Taft, and the successful Democratic candidate, Woodrow Wilson.

The campaign was driven by the famous speech calling for a Progressive revolution in politics, economics, and civil society, stating the need to regulate “special interests” of the corporations, and making a clear distinction between human rights and property rights. “Teddy” Roosevelt took the mantle of Lincoln to justify transforming America from its founding principles, in particular the Declaration of Independence.

Roosevelt demanded “a genuine and permanent moral awakening” in order to serve the welfare of the people. Although this approach gave good results, Teddy was criticized for that was at last defined as “New Nationalism”, the nationalization of life generally.

A more modern approach came from Franklin Delano Roosevelt, who – as President of the USA – used his 1944 State of the Union address to advance what he defined “Second Bill of Rights”.  “Necessitous men are not free men,” says FDR, as “true individual freedom cannot exist without economic security and independence”.  Therefore, the original Bill of Rights must be supplemented by eight rights, including the “right to a useful and remunerative job”—not the right to work, but the right to demand a job, and a well-paying one at that. “Farmers have the right to obtain “a decent living” from their toil, and businessmen have the right to be free of “unfair competition and domination by monopolies.” The right to “adequate medical care,” education, and the “right to earn enough to provide adequate food and clothing and recreation.”

 

 

 

 

Protetto: The political meaning of guitar’s electrification

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