Questo “Vademecum dell’Amministratore Locale” è il prodotto delle attività condotte con la metodologia e nell’ambito della strategia nazionale ANCI per il rafforzamento delle capacità istituzionali. Il volume contiene interessanti contributi sui mutamenti in corso in rapporto all’ordinamento degli Enti Locali – con particolare riferimento alle Città Metropolitane e alla trasformazione delle Province e degli “organismi intermedi” per la promozione dello sviluppo locale, offrendo un prezioso manuale dove, accanto alle informazioni di base necessarie per conoscere il funzionamento della macchina amministrativa – con particolare attenzione ai procedimenti per la realizzazione di spesa ed evidenza pubblica nell’ambito della gestione di fondi nel sistema pubblico – si associa un inquadramento strategico del tema delle città come motori dello sviluppo territoriale, cruciale per vedere le prospettive degli Enti Locali nel contesto europeo e della globalizzazione. ATTI16161044ANCIU35 Download in pdf! Versione stampa!
Perché “l’inganno”? E’ presto detto: perché la moneta non possiede alcun valore intrinseco. Prima che l’economia divenisse una delle moderne scienze dell’uomo, i fisiocratici, una corrente di pensiero della Francia del XVII secolo, lo avevano detto benissimo: solo ciò di cui ci si può nutrire è vera ricchezza. Quindi: patate, cipolle, frumento. Pane, come prodotto di trasformazione. Pasta. Carne. E poi il cuoio, per farne scarpe. Le pelli, per farne giacche.
Si dirà: è troppo semplice. Gli economisti sanno che sono questi i fondamenti della teoria della produzione. Come il modello “fagioli-carbone” di Piero Sraffa (dove “fagioli” indica il settore agricolo e “carbone” è semplificazione per il settore industriale). Le cose non sono difficili. Quando sono difficili è solo perché c’è qualcosa da nascondere. Per esempio, un inganno.
In un sistema industriale, il valore della moneta è definito dal valore della produzione, e non è possibile il contrario (cioè che sia il valore della moneta a definire il valore della produzione). La moneta in sé non ha valore, e questo si capisce non soltanto per la comprensione – retorica fin che si vuole, ma tremendamente concreta – che il danaro non si può mangiare, ma soprattutto per la comprensione che il danaro, per avere valore, deve essere accettato. Dove il danaro non viene accettato (per ragioni di valuta locale, ad esempio), il danaro non può comprare niente e quindi non vale niente.
Il valore della moneta è un valore sociale, determinato ìnon dal numerario nominale, ma dal suo potere d’acquisto in termini di beni e servizi (infatti, i beni e i servizi hanno sempre valore, mentre il danaro, per averlo, deve essere accettato.
Che il danaro sia raro e che da questo dipenda il suo valore è un falso: a decidere se stampare o no cartamoneta sono semplicemente le Banche Centrali. Questo inganno serve al potere – cioè a chi può esercitare il potere di creare moneta – per predare valore concreto (beni) in cambio di valore fittizio convenzionale (moneta).
Chi crea moneta ha anche la possibilità di decidere sulla distribuzione della ricchezza, potendo disporre a chi andrà la moneta stampata. Il soggetto intermediario del credito, il sistema bancario, attualmente distrugge moneta per colmare debiti che derivano da investimenti mai realizzati e/o da opere inutili che non immettono beni e servizi sul mercato.
Le banche di un sistema sano veicolano il denaro verso gli investimenti il cui effetto è dare servizi a tutto il corpo sociale (infrastrutture, benefici di welfare).
Le banche di un sistema improduttivo distruggono ricchezza senza mai farla arrivare alla base sociale.
A fronte della consistenza di questi argomenti, occorre considerare la funzione della moneta nello svolgere il suo ruolo di intermediazione tra i beni. Da questo punto di vista, secondo la classica formula della teoria quantitativa della moneta, perché la moneta possa assolvere al meglio alla sua funzione di intermediazione degli scambi, deve essere quantitativamente disponibile secondo l’equazione:
M/P = kY – hi
dove M= quantità di moneta; P= livello medio dei prezzi; Y= reddito complessivo (con k che può andare da 0 a 1 ed indica la quota di reddito che rimane come risparmio); i= tasso di interesse (con h che può andare da 0 a 1 ed indica la quota di reddito che viene impiegata per ottenere un interesse).
L’interesse dovrebbe essere pari al tasso di incremento della produzione di beni e servizi.
L’altro punto di equilibrio è il bilanciamento tra tasso di incremento della popolazione e tasso di incremento della produzione.
Se però, come è avvenuto con la fase finanziaria del capitalismo (sganciamento del valore numerario dal valore della produzione reale e ancoramento ai titoli di borsa) o, ancor più, con la fase ultrafinanziaria (emissione di titoli su titoli – derivati), l’abuso nell’emissione monetaria diviene la costante, con gli stati nazionali che finanziano opere inutili o che non verranno mai realizzate, allora giungiamo alla attuale condizione dell’Europa.
In breve, per toccare il nucleo essenziale dell’argomento, il problema dello sviluppo non sono i soldi: perché i soldi sono funzione della produzione. Maggiore produzione di beni e servizi giustifica maggiore immissione di moneta. Quindi, il problema non sono i soldi, ma le politiche di inibizione degli investimenti produttivi (legittimate da sprechi, corruzione e spese inutili) che costituiscono il sistema del neoliberismo che sta incatenando i cittadini, privandoli di libertà e democrazia.
Questo libro offre una visione sintetica del percorso degli ultimi vent’anni di utilizzo dei fondi strutturali che, com’è noto, hanno per scopo istituzionale quello di ridurre le disparità nello sviluppo tra i territori che compongono l’Unione Europea, prendendo in esame l’area obiettivo 1 (successivamente ridefinita “priorità convergenza” ed equivalente in sostanza al Mezzogiorno). L’esito di queste politiche di coesione non è stato tale da permettere di affermare che gli obiettivi sono stati raggiunti, e questa considerazione vale per tutte le regioni europee delle aree considerate in ritardo di sviluppo. Date queste condizioni, o sono state formulate in modo inadeguato le ipotesi di previsione, oppure ci sono elementi di natura non soltanto economica che non hanno permesso che le politiche di coesione esplicassero con pienezza i loro effetti. Una lettura non esclusivamente contabile, protesa sulle immagini in cui si cristallizzano le caratteristiche socio-politiche del contesto in esame, dal cui sfondo emerge l’irrisolta questione meridionale.
Catania irredimibile, paradigma di una Sicilia irredimibile? Qui sta la provocazione ma non la preoccupazione di questo libro. Attraverso lo svolgimento in retrospettiva di vent’anni di utilizzo di fondi europei, nazionali e regionali, progetti integrati e azioni per lo sviluppo, questo saggio dimostra come prima ancora che di interventi finanziari, c’è bisogno di una trasformazione organizzativa e culturale, difficile da realizzare ma senza la quale i soldi dei diversi finanziamenti, sempre più difficili da ottenere, rischiano di essere mal spesi o non spesi affatto e restituiti all’Europa. Mediante la lettura sistemica dei dati essenziali delle politiche di intervento urbano degli ultimi vent’anni, vengono messe in luce le caratteristiche di fondo delle azioni costanti e razionali e le rigidità e le criticità di un difficile percorso di modernizzazione della città di Catania, immagine di un Mezzogiorno irrisolto non per fato o per volontà, ma per scelta politica, talora voluta, a volte subita. Il nodo non è nel decidere se questa città sia o no redimibile. Quella, se mai, è la scintilla per provocare una riflessione più profonda, dalla quale emergono non soltanto i dati economici di cui il volume è ricco, ma anche gli archetipi di fondo della letteratura siciliana, immobilista e pessimista, troppo spesso rinunciataria, autocommiserativa e disperatamente orientata alla ricerca di un nuovo padrone che possa trasformare il diritto di tutti in privilegio di pochi. Tuttavia, sarebbe fuorviante vedere il punto decisivo nella questione morale: la separazione tra politica e morale è già stata risolta da Machiavelli nel XVI secolo. Se mai, il nodo è etico ed è legato all’emergere di nuovi modelli di comportamento adatti a superare le rigidità e i limiti del passato, tentando una prospettiva da cui vedere Catania non come città isolata e renitente, ma come paradigma della difficile metamorfosi economica e politica in corso in questi anni in Sicilia, in Italia e in Europa.
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Versione stampata (325 pagine): euro 29.00 inclusa spedizione.
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Catania irredimibile, paradigma di una Sicilia irredimibile? Qui la provocazione ma non la preoccupazione di questa retrospettiva che ripercorre vent’anni di utilizzo di fondi europei, nazionali e regionali, progetti integrati e azioni per lo sviluppo, dal miraggio metropolitano al piano di risanamento, per giungere all’evidenza che, prima ancora che di interventi finanziari, c’è bisogno di una trasformazione organizzativa, economica, civile e sociale.
In equilibrio tra interdisciplinarità scientifica ed esperienza professionale, questo libro avanza proposte concrete per la modernizzazione, l’innovazione e l’occupazione.
Avventurose avventure del diventar grandi.
Favola necessaria, non necessariamente per bambini.
Quale mai sarà la Città di Nonsisà?
Chi e cosa ci sarà nella Città di Nonsisà?
E cosa mai accadrà nella Città di Nonsisà?
ISBN 9781447707028
Peripezie di Choppy, Bicio e Ciuf-Ciuf, di cui ecco l’indice: Continua a leggere “Nella Città di Nonsisà”





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