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Il Dio dell’Eden
è un saggio che introduce il Lettore ad un albero i cui rami sono derivazioni della conoscenza biblica, dove le radici della cultura europea si incontrano.  I frutti hanno un riconoscibile odore familiare, la sensazione costante è di muoversi su sentieri già percorsi e tuttavia dimenticati. Penetrare all’interno di questo mondo non è difficile, perché è già noto, così si può andare oltre, dove il respiro si fa più profondo e più remoto.  La sensazione costante è di muoversi su sentieri già percorsi e tuttavia dimenticati, che si aprono tanto al Lettore non esperto quanto ai conoscitori interni della materia ebraica, che qui viene esaminata alla luce delle scoperte di Qumran e Nag-Hammadi (e cioè dei più antichi codici biblici esistenti, ritrovati insieme ad altri testi apocrifi), facendosi indagine con l’armamentario epistemologico delle scienze sociali.

Questa stesura de Il Dio dell’Eden evolve da un precedente saggio – L’ebraismo per non ebrei – le cui tesi vengono radicalizzate e portate ad una semplicità icastica come lo scandalo metafisico raffigurato nell’allegoria in copertina, senza temere (come avviene specialmente nella sezione La Società degli Spiriti) di cogliere gli aspetti politici della teologia come mezzo di asservimento degli uomini e delle donne, attraversando le nebbie dell’oscurantismo senza risparmiare i paradossi impliciti nelle origini occulte dell’Illuminismo e fino ad esaminare il contrasto tra la propaganda oscurantista e i tentativi di espansione della coscienza delle moderne avanguardie nelle arti, anche queste troppo spesso soggiogate dal veleno del potere.

Strutturandosi intorno all’intervista che l’Autore pose nel 1997 al prof. Luigi Moraldi – il grande traduttore in lingua italiana dei Manoscritti di Nag-Hammadi – sul tema dell’antinomia tra i diversi nomi divini nel libro della Genesi, il percorso di emancipazione da Il Dio dell’Eden procede attraverso le aperture della conoscenza avvenute nel corso del XX secolo con l’avvento della psicoanalisi, della sociologia delle religioni, dell’antropologia strutturale.  Il cammino sul sentiero prosegue attraverso un esempio di ortoprassi esegetica dell’ebraismo, sotto la guida di Rav. Luciano Caro (cui si deve la revisione del lavoro simbolico su Le 40 tappe dell’Esodo e dell’utilissimo Glossario dei termini ebraici che appare in chiusa al volume).  Il percorso di ricerca non si condensa, non precipita e non si completa in un’adesione religiosa propriamente intesa, virando verso un approfondimento aperto dell’ebraismo dello Zohar e del marranesimo occidentale, con aperture sul cristianesimo, sull’islam e sul mondo controverso della diaspora, dove si ritrovano le radici della moderna sensibilità europea.